Il Movimento per la riforma agraria cinese, noto anche con l'abbreviazione cinese Tǔgǎi (土改), era una campagna del leader del Partito Comunista Cinese Mao Zedong durante l'ultima fase della guerra civile cinese ed i primi anni dell'odierna Repubblica Popolare Cinese.[1] La campagna prevedeva la redistribuzione della terra ai contadini.[2] La stima delle vittime del movimento varia dalle centinaia di migliaia ai milioni di persone.[3][4][5] Tra le valutazioni del Partito Comunista Cinese stesso, Zhou Enlai stimò che fossero state uccise 830.000 persone e Mao Zedong stimò che le vittime causate dal suo movimento fossero state tra i 2 e 3 milioni.[6] Tra le vittime, alcune vennero sepolte vive, smembrate, strangolate o fucilate.[7]
Coloro che sono stati uccisi sono stati presi di mira sulla base della loro classe sociale anziché sulla base della loro etnia; il neologismo "classicidio" è stato usato per descrivere gli omicidi.[8] Le uccisioni di massa motivate dalla "classe sociale" continuarono per quasi tutti i 30 anni di trasformazione sociale ed economica nella Cina maoista e, alla fine delle riforme, la classe dei proprietari terrieri era stata in gran parte eliminata dalla Cina continentale o era fuggita a Taiwan.[9] Nel 1953, la riforma agraria nella maggior parte della Cina continentale fu completata ad eccezione di Xinjiang, Tibet, Qinghai e Sichuan. Dal 1953 in poi, il Partito Comunista Cinese iniziò ad attuare la proprietà collettiva dei terreni espropriati attraverso la creazione di "Cooperative di produzione agricola" che trasferivano i diritti di proprietà dalla ex classe dei proprietari terrieri allo Stato cinese. La redistribuzione delle terre fu però un fallimento in termini di produzione[10], e venne rimpiazzata da un nuovo sistema nel 1962.
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